agnese baini
4 min readMay 3, 2020

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Non si può imporre l’isolamento se c’è un enorme problema di violenza domestica

Sono ormai due mesi che sentiamo, martellante nelle nostre teste, il motivetto «restiamo a casa». Da un giorno all’altro ci siamo trovate a non poter uscire di casa, a dover condividere i nostri spazi e pure i nostri tempi. Non si è pensato che la casa, per chi comunque ce l’ha, può anche non essere un luogo sicuro o un luogo dove voler stare. Molte donne si sono trovate a vivere situazioni di violenza.

[Fotografia di Claudia Bouvier]

Queste situazioni non sono sconosciute. La violenza di genere è un problema serio: in Italia una donna su tre, nel corso della propria vita, ha subito una violenza. Può essere una violenza sessuale, fisica ma anche psicologica o economica. Con violenza domestica si indica quel tipo di violenza che si subisce all’interno dello spazio domestico e agita da un membro della famiglia.

Dal 2013 a oggi, la maggior parte delle violenze è infatti avvenuta all’interno delle mura di casa:

La maggior parte delle donne che subisce violenza, inoltre, risulta essere sposata, quindi si può presumere che si trovi nella stessa casa del partner:

Già analizzando questi primi dati, si poteva immaginare che l’isolamento sarebbe stato pericoloso. E lo è effettivamente stato? Il Ministero delle Pari Opportunità ha rilasciato un comunicato per denunciare la situazione avvenuta negli ultimi due mesi. Il numero nazionale antiviolenza, il 1522, ha rilevato un picco di chiamate sia per richieste di aiuto sia per segnalazioni.

Questo è un confronto tra le chiamate ricevute nei primi mesi di quest’anno e quelle del 2019 (i dati di aprile si riferiscono non all’intero mese ma solo fino al 20):

Un’altra analisi sul numero di chiamate è stata rilasciata dalla rete D.i.Re, che riunisce 80 centri antiviolenza (in Italia sono 330 in totale). Le chiamate sono aumentate, affermano, ma sono diminuite le “nuove chiamate”, quelle di coloro che si rivolgono ai centri per la prima volta.

Solitamente questa rete riceve 1643 chiamate al mese, mentre nel mese di marzo queste sono state 2867. E dove di solito il 78% di queste chiamate è effettuato da donne che chiamano per la prima volta, nel mese di marzo sono state soltanto il 28% del totale.

[Fotografia di Claudia Bouvier]

Un altro aspetto preoccupante riguarda quel fenomeno definito violenza assistita, quando i figli assistono a esperienze di maltrattamento. Questo tipo di violenza può avere delle conseguenze sullo sviluppo fisico e cognitivo e sulla capacità di socializzazione dei bambini e delle bambine. Tra chi chiama i centri, sette donne su dieci hanno figli e in più della metà dei casi questi sono minorenni.

In particolare, sono molti a trovarsi ad assistere alle situazioni di violenza (62%).

Ci sono anche casi in cui i figli subiscono direttamente delle violenze (18%).

La violenza domestica non è emergenza nuova ma non si è fatto abbastanza per prevenire situazioni pericolose. È importante allora condividere in tutti i modi possibili le informazioni sui centri antiviolenza e garantirne l’apertura.

Il numero 1522 è un numero gratuito, attivo tutti i giorni, tutto il giorno; l’accoglienza è disponibile in italiano, inglese, francese, spagnolo, arabo. Per chi si trova in una condizione per cui non può chiamare, esiste anche un’app e una chat online, sul sito del 1522. Ricordati di cancellare la cronologia.

Fonti: Database Istat Violenza sulle donne, Report 1522 anni 2013–2019

Questo testo è stato fatto come esercitazione del corso Data Journalism del Master in Comunicazione della Scienza della SISSA di Trieste. Grazie alle mie assidue lettrici che hanno dato commenti quando ancora era una bozza molto abbozzata: Martina, Marta, Chiara, Patrizia, Allegra, Francesca. Infine, ringrazio Claudia per le sue bellissime foto!

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agnese baini

Leggo libri, scrivo articoli, registro podcast e, soprattutto, passo il tempo a bagnare piante.